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E’uscito il SIPRI Yearbook 2019

L’International Peace Research Institute (SIPRI) è un istituto internazionale indipendente dedicato alla ricerca su conflitti, corsa agli armamenti, controllo degli armamenti e disarmo. Fondato nel 1966, SIPRI fornisce dati, analisi e raccomandazioni, basate su fonti aperte, a responsabili delle politiche, ricercatori, media e pubblico interessato. Con sede a Stoccolma, SIPRI è regolarmente classificata tra i think tank più rispettati in tutto il mondo.

La missione di SIPRI è di intraprendere ricerche e attività in materia di sicurezza, conflitti e pace; fornire analisi e raccomandazioni politiche, facilitare il dialogo e promuovere misure di fiducia reciproca e trasparenza, fornire informazioni autorevoli al pubblico interessato.

Da cinquant’anni, tutti gli anni, il SIPRI pubblica un Annuario (SIPRI Yearbook) che è un rigoroso e dettagliato compendio di dati ed analisi nelle aree dei conflitti armati e della loro gestione, delle spese militari e per l’ammodernamento dei sistemi d’arma, della non-proliferazione nucleare, del controllo degli armamenti e del disarmo. Per tutti gli studiosi di problemi di controllo degli armamenti e di disarmo il SIPRI Yearbook è una fonte preziosa di informazioni e di elementi di discussione.

Il SIPRI Yearbook 2019 offre una serie di dati originali relativi a spesa militare mondiale, produzione e trasferimenti internazionali di armi, forze nucleari, conflitti armati e operazioni multilaterali di pace, nonché analisi aggiornate su aspetti importanti circa il controllo delle armi, della pace e della sicurezza internazionale.

Come risulta chiaramente dal SIPRI Yearbook, e come da più autorevoli voci sottolineato da lungo tempo, il regime di controllo degli armamenti è profondamente in crisi e i rischi di guerra nucleare sono più alti di sempre: il 23 Gennaio scorso l’Orologio del Bulletin ha fissato a 100 secondi (un minuto e quaranta secondi) il tempo che ci separa dall’inizio dell’apocalisse. Il 3 aprile 2020, l’alto rappresentante per le questioni di disarmo del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Izumi Nakamitsu, che è l’autorità delle Nazioni Unite di più alto livello nel campo del controllo degli armamenti, ha dichiarato che “la pandemia è arrivata mentre le nostre strutture per prevenire il confronto catastrofico si stanno sgretolando. I paesi stanno costruendo armi nucleari più veloci e accurate, sviluppando nuove tecnologie per le armi con implicazioni imprevedibili e riversando più risorse militari rispetto a qualsiasi momento nei passati decenni”.

Qualche anno fa Carlo Bernardini, a proposito degli arsenali nucleari scriveva: “Quando una cosa che incombe è gigantesca, la gente non la vede più (come la storia dell’omino che non vede l’elefante se sta proprio sotto la sua pancia)”. Mi sembra che ancora una volta Carlo Bernardini sia stato profetico.

Particolare preoccupazione e sdegno nascono dall’esame delle spese militari mondiali per il 2019: le spese militari globali totali sono salite a 1.917 miliardi di Dollari USA nel 2019. Il totale per il 2019 rappresenta un aumento del 3,6 per cento rispetto al 2018 e la più grande crescita annuale delle spese dal 2010. I cinque maggiori investitori nel 2019, che rappresentano il 62 per cento delle spese, sono Stati Uniti, Cina, India, Russia e Arabia Saudita.

Nella attuale gravissima situazione sanitaria di tutto il mondo, nella quale già sopravvivono a stento migliaia di esseri umani in fuga da guerre, carestie, fame, povertà, nessun accenno alla possibilità di ridurre gli investimenti in armi. Più di sempre credo sia da riflettere sulla conclusione della Nobel Lecture di Mohamed ElBaradei, già Direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Premio Nobel per la Pace nel 2005: “Immaginate cosa accadrebbe se le nazioni del mondo spendessero tanto nello sviluppo quanto spendono nella costruzione delle macchine da guerra. Immaginate un mondo in cui ogni essere umano potesse vivere libero e in maniera dignitosa. Immaginate un mondo in cui si versassero le stesse lacrime quando un bambino muore nel Darfur o a Vancouver…” e sulla conclusione del Manifesto Russell-Einstein: “Ci attende, se lo vogliamo, un futuro di continuo progresso in termini di felicità, conoscenza e saggezza. Vogliamo invece scegliere la morte solo perché non siamo capaci di dimenticare le nostre contese? Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità, e dimenticate il resto. Se ci riuscirete, si aprirà la strada verso un nuovo Paradiso; altrimenti, vi troverete davanti al rischio di un’estinzione totale”.

Francesco Lenci (già Dirigente Ricerca CNR – Associato Ricerca CNR – Senior Fellow del CISP)